La situazione italiana è diversa rispetto a quella degli Stati Uniti: secondo uno studio del 2009, negli USA ben l’80% dei manager intervistati afferma che i social networks sono importanti per l’azienda e per il brand; per quanto riguarda la situazione italiana, nel 2010 uno studio dell’Università di Milano IULM ha evidenziato, invece, che solo il 32,5% delle imprese utilizza i social media come strumento di comunicazione. I motivi che spingono le imprese a discriminare l’utilizzo del social media marketing sono diversi.
Innanzitutto, bisogna considerare che le caratteristiche culturali interne alle imprese pregiudicano particolarmente la crescita dell’utilizzo dei social media come strumento di marketing e comunicazione aziendale: questa è una delle cause per cui proprio le imprese italiane, fortemente conservatrici, mostrano la loro difficoltà nell’utilizzare strumenti così innovativi come i social media. Un’altra motivazione è da ricercare nel fatto che il social media marketing rappresenti un fenomeno ancora relativamente nuovo e non si conoscono perfettamente tutti i reali benefici o le reali insidie che può comportare per l’impresa: gli studi effettuati fino ad oggi sui social media non sono ancora tali da rendere i manager capaci di conoscere tutte le dinamiche necessarie per poter essere realmente competitivi attraverso l’utilizzo dei social media e le dimostrazioni sulla loro validità come strumento di marketing sono costituite prevalentemente dalle storie di imprese che li hanno utilizzati con successo.
Altro motivo di scetticismo di alcuni manager (il 23,3% in Italia) è il timore che la presenza sui social media e la continua interazione con gli utenti possano costituire un potenziale pericolo per l’impresa e la sua immagine a causa di eventuali commenti negativi che, proprio gli utenti, possono pubblicamente esprimere relativamente a prodotti o servizi; causa del timore è anche la possibilità di perdere una parte del controllo sul brand e sulla gestione della comunicazione. È anche importante considerare, come fattore discriminante, la mancanza di competenze adeguate relativamente alle opportunità strategiche offerte dai singoli strumenti sociali del Web 2.0 e di competenze necessarie al corretto utilizzo di tali strumenti sociali per il marketing. In Italia, ad esempio, il 41,8% delle imprese che afferma di non utilizzare il social media marketing sostiene di vendere un prodotto o un servizio che non può essere ricollegato ad un target di clienti presente sui social media.
Un solo social network come Facebook è capace di raccogliere in Italia milioni di utenti che abbracciano fasce d’età anche oltre i 56 anni, per non parlare degli altri numerosi strumenti presenti in rete. Risulta dunque difficile credere che poco più del 40% delle imprese italiane venda un prodotto che non possa essere destinato a tali fasce d’età, ma è più facile pensare che gran parte delle imprese non possieda le competenze giuste per rendere possibile un coinvolgimento adeguato dei target di riferimento attraverso i social media. Infine, poiché i social media costituiscono uno strumento ancora nuovo, le imprese non hanno ben chiara la situazione relativa ai costi che è giusto sostenere o ai ricavi che possono essere ottenuti ed un calcolo esatto del ROI risulta difficile data la natura spesso non monetaria dei benefici dei social media.
Il timore di dover sostenere costi per muoversi in un ambiente ancora in parte sconosciuto costituisce ancora una barriera dinanzi all’utilizzo degli strumenti sociali online. Molti manager preferiscono affidarsi ancora esclusivamente a strumenti di marketing tradizionali, per quanto più costosi e meno innovativi, ma già ampiamente testati negli anni passati.
(fonte: nolimitmarketing.it)
L’innovazione è diventata una direttrice sempre più importante per lo sviluppo delle aziende e un percorso obbligato in tempi di crisi. Tuttavia, il modello di innovazione tradizionale dell’Occidente è stato recentemente messo a dura prova dalla competizione dei mercati emergenti, che producono soluzioni efficienti a costi minori. Soprattutto in tempi di crisi, i consumatori sono sempre più spinti a preferire prodotti semplici e funzionali a prodotti con caratteristiche tecnologiche troppo avanzate e costose per le loro necessità. Jugaad è una parola che in Hindi descrive un processo di innovazione che proviene dal basso ed è in grado di creare soluzioni efficienti a costi contenuti. Jugaad non è solo un fattore che influenza il management, bensì una vera e propria “rivoluzione culturale”, che sfida i modelli di produzione propri dell’Occidente. Una sfida a colpi di creatività e ingegno. Come si racconta nel libro, molti CEO di grandi aziende spingono i dipendenti ad ogni livello a liberare la loro creatività e inventare modi frugali e sostenibili per dare un valore aggiunto significativo agli stakeholders usando molte meno risorse naturali e risparmiando nel contempo un significativo ammontare di capitale per la compagnia. Questo è lo spirito Jugaad che l’Occidente deve accogliere e inglobare. Jugaad Innovation è più che un semplice libro. Grazie ai numerosi case studies che riporta, costituisce un vero e proprio “manuale di sopravvivenza” ai tempi che cambiano per le aziende occidentali, che non devono temere l’avanzata dei mercati emergenti, bensì imparare da essi a recuperare la capacità di ascoltare i propri clienti. Jugaad Innovation è un viaggio nei meandri dei mercati emergenti. Un viaggio nella storia, anche personale, di chi ha costantemente bisogno dell’innovazione come strumento per sopravvivere alle avversità circostanti.