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Lo ha confermato un convegno di Netcomm, non basta però essere su queste piattaforme, serve attuare una strategica ad hoc per parlare direttamente con il cliente
I social media aiutano a vendere online se sono però gestiti correttamente. Questo è quanto sostenuto all‘ultimo convegno organizzato da Netcomm con Showroomprive.com per approfondire la frontiera del social media marketing. Nel dettaglio Giacomo Catanoso, digital market intelligence director di GFK ha sostenuto: “I social network servono a vendere, è però necessario seguire delle regole, alcune dettate dal semplice buon senso, altre che emergono dall’analisi delle campagne sia paid che owned e earned. Questi mezzi in termini generali funzionano nell’e-commerce se lo strumento è ben usato, quando, per cominciare, non si riciclano contenuti creativi pubblicati online da altri e quando la regia è ben pianificata. Sono efficaci se la campagna è globale, cioè sia online che offline, e comprende attività, call to action, che coinvolgono entrambi i mezzi, rispettando sempre la differenza dei target e con grande attenzione a un disegno complessivo omogeneo”. Questo significa anche essere in grado di pubblicare contenuti che aiutino a delineare gli utenti sulla base delle loro interazioni, riutilizzando le informazioni che emergono per riproporre messaggi e contenuti a questo punto profilati che quindi hanno più probabilità di vendere un dato prodotto. “Oggi le imprese si sono spostate direttamente sul cliente o sul consumatore, anche attraverso le comunicazioni dirette e i canali social. È diventato, quindi, importante sapere parlare anche in chiave editoriale con il consumatore finale, coerentemente con la propria strategia” ha concluso Roberto Liscia, Presidente di Netcomm. Le statistiche sui comportamenti degli utenti web sono sempre utili, perché permettono alle aziende di capire in che direzione muoversi per migliorare l’efficacia della loro presenza online. In questo senso, è da segnalare una presentazione di We Are Social, che analizza i comportamenti degli internauti durante la navigazione sui siti, durante l’uso dei social media e durante l’interazione mobile. I dati sono particolarmente freschi, perché scattano la fotografia della situazione a inizio 2014. E sono anche parecchio mirati, perché sono stati condotti su utenti web italiani. In pratica, la domanda a cui si tenta di dar risposta è la seguente: qual è l’impatto di Internet, dei social media e dell’uso dei dispositivi mobili in Italia? Le risposte le trovate appunto nella presentazione, che ho allegato alla fine di questo post. Voglio però anticiparvi alcune delle statistiche che ho trovato tra le più interessanti:
(fonte: comunicaresulweb.com) La perdita di una persona cara o del lavoro, una malattia o un incidente gravi sono esempi di esperienze di vita che possono turbare gli equilibri psicologici di una persona; in coincidenza di questi eventi sono in molti a provare emozioni forti ed un senso di profonda incertezza. Generalmente, col tempo, le persone trovano il modo di adattarsi bene a queste situazioni. Ma cos’è che consente l’adattamento alle avversità? La “resilienza” Resilienza è un termine derivato dalla scienza dei materiali e indica la proprietà che alcuni materiali hanno di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione. In psicologia connota proprio la capacità delle persone di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà. Le persone con un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. L’esposizione alle avversità sembra rafforzarle piuttosto che indebolirle. Esse tendenzialmente sono ottimiste, flessibili e creative; sanno lavorare in gruppo e fanno facilmente tesoro delle proprie e delle altrui esperienze. Bisogna concepire la resilienza come una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto all'esperienza, ai vissuti e, soprattutto, al modificarsi dei meccanismi mentali che la sottendono. Secondo Susanna Kobasa, una psicologa dell’università di Chicago, le persone che meglio riescono a fronteggiare le contrarietà della vita, quelle più resilienti appunto, mostrano contemporaneamente tre tratti di personalità:
Per controllo s’intende la convinzione di poter dominare in qualche modo ciò che si fa o le iniziative che si prendono, ovvero la convinzione di non essere in balia degli eventi. La persona con questo tratto per riuscire a dominare le diverse situazioni della vita è pronta a modificare anche radicalmente la strategia da adottare, per esempio, in alcuni casi intervenendo con grande tempestività, in altri casi indietreggiando, prendendo tempo, aspettando. L’espressione gusto per le sfide fa riferimento alla disposizione ad accettare i cambiamenti. La persona con questo tratto vede gli aspetti positivi delle trasformazioni e minimizza quelli negativi. Il cambiamento viene vissuto più come incentivo a crescere che come difficoltà da evitare a tutti i costi, e le sfide vengono considerate stimolanti piuttosto che minacciose. La persona generalmente è aperta e flessibile. Impegno, controllo e gusto per le sfide sono tratti di personalità di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e incoraggiati. La resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone invece comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita Avere un alto livello di resilienza non significa essere infallibili ma disposti al cambiamento quando necessario; disposti a pensare di poter sbagliare, ma anche di poter correggere la rotta A determinare un alto livello di resilienza contribuiscono diversi fattori, primo fra tutti la presenza all’interno come all’esterno della famiglia di relazioni con persone premurose e solidali. Questo tipo di relazioni crea un clima di amore e di fiducia, e fornisce incoraggiamento e rassicurazione favorendo, così, l’accrescimento del livello di resilienza. Gli altri fattori coinvolti sono:
Le strade che possono portare le persone ad accrescere il proprio livello di resilienza sono numerose. Nella ricerca della strategia più idonea per migliorare il proprio livello di resilienza può essere d’aiuto focalizzare l’attenzione sulle esperienze del passato cercando di individuare le risorse che rappresentano i punti di forza personali. Un sistema che facilita l’individuazione delle risorse persona li è quello di cercare di fornire risposte a queste semplici domande:
(fonte: mentesana.it) Web Marketing L’attuale crisi economica sta colpendo un po’ tutti, tanto i singoli quanto le imprese. Purtroppo, al momento, non si vede come uscire da questa situazione. Politici ed economisti sembrano non avere risposte adeguate, ed allora dobbiamo arrangiarci da soli. La tua azienda, piccola o grande che sia, potrebbe trovare un notevole aiuto dal web. Infatti grazie agli strumenti messi a disposizione dal web marketing hai la possibilità di ampliare il tuo mercato di riferimento e farti conoscere anche da chi abita a notevole distanza dal luogo in cui eserciti la tua attività. Ma vediamo in dettaglio che vantaggi può dare il web marketing alla tua azienda: DIFFUSIONE DEL TUO BRAND La diffusione del brand è un passo fondamentale per rilanciare la tua impresa. Se non ti conosce nessuno puoi anche realizzare il prodotto più innovativo del mondo, ma nessuno lo comprerà perchè nessuno sa che esiste. A meno che tu non disponga di ingenti capitali da destinare alla promozione dell’azienda tramite canali quali la TV e la carta stampata, l’unico modo per farti conoscere senza spendere una fortuna è quello di usare il web marketing. Ma quali strumenti hai a disposizione per promuovere l’azienda? Andiamo dal blog aziendale, al sito web aziendale, all’e-mail marketing, fino al social media marketing, cioè la diffusione del brand tramite i social network, o al viral marketing. Utilizzando strumenti come Facebook, Twitter, YouTube, le e mail, puoi raggiungere un pubblico vasto a costi decisamente contenuti rispetto ad una campagna pubblicitaria “tradizionale”. In più, mentre la pubblicità classica diffonde il proprio messaggio ad un pubblico indifferenziato, grazie al web marketing puoi rivolgerti direttamente al tuo pubblico di riferimento, un pubblico che, per i suoi particolari interessi, rappresenta la tua potenziale clientela. Ad esempio, se vendi strumenti musicali, grazie al web marketing, potrai indirizzare la tua campagna solo verso musicisti. Proprio per questo puoi ottenere un ROI (return on investment, cioè il rapporto tra quanto ricavi in termini di vendite e quanto investi in pubblicità) decisamente elevato. Grazie al web hai così la possibilità di raggiungere persone che vivono a centinaia di chilometri di distanza da te, ma che comunque potrebbero diventare tuoi clienti. ALLARGAMENTO DEL MERCATO Oltre alla difusione del tuo brand, grazie al web marketing hai la possibilità di ampliare il tuo mercato di riferimento. Proprio perchè sarai in grado di raggiungere persone anche molto distanti da te, il tuo mercato si amplierà. Ma come fare a vendere il tuo prodotto a chilometri e chilometi di distanza da te? Anche in questo caso ti viene in aiuto il web: infatti potrai integrare nel tuo sito web aziendale una sezione dedicata all’E-commerce. In questo modo ogni persona che visita il tuo sito web potrà acquistare direttamente online i tuoi prodotti, pagandoti con una normale carta di credito. In questo modo hai due importanti vantaggi:
Ovviamente tutto il meccanismo richiede un certa organizzazione: sito web perfettamente funzionante, rapidità nella spedizione dei prodotti, servizio clienti efficiente per risolvere eventuali problemi. Inoltre potrebbero servire degli adempimenti burocratici, per questo ti consiglio di rivolgerti all’ufficio commercio del tuo comune per avere informazioni in merito. Come vedi i vantaggi offerti dal web marketing sono notevoli, e potrebbero fare la differenza e darti un notevole aiuto per uscire dall’attuale crisi economica e risollevare la tua attività. (fonte: webmarketingaziendale.it) Nonostante i nuovi media sociali siamo presenti in rete già da diverso tempo ed il numero dei loro utilizzatori sia sempre in crescita nel mondo, le imprese non hanno ancora sviluppato una concreta e certa consapevolezza sulle reali possibilità offerte da tali strumenti per il marketing. La situazione italiana è diversa rispetto a quella degli Stati Uniti: secondo uno studio del 2009, negli USA ben l’80% dei manager intervistati afferma che i social networks sono importanti per l’azienda e per il brand; per quanto riguarda la situazione italiana, nel 2010 uno studio dell’Università di Milano IULM ha evidenziato, invece, che solo il 32,5% delle imprese utilizza i social media come strumento di comunicazione. I motivi che spingono le imprese a discriminare l’utilizzo del social media marketing sono diversi. Innanzitutto, bisogna considerare che le caratteristiche culturali interne alle imprese pregiudicano particolarmente la crescita dell’utilizzo dei social media come strumento di marketing e comunicazione aziendale: questa è una delle cause per cui proprio le imprese italiane, fortemente conservatrici, mostrano la loro difficoltà nell’utilizzare strumenti così innovativi come i social media. Un’altra motivazione è da ricercare nel fatto che il social media marketing rappresenti un fenomeno ancora relativamente nuovo e non si conoscono perfettamente tutti i reali benefici o le reali insidie che può comportare per l’impresa: gli studi effettuati fino ad oggi sui social media non sono ancora tali da rendere i manager capaci di conoscere tutte le dinamiche necessarie per poter essere realmente competitivi attraverso l’utilizzo dei social media e le dimostrazioni sulla loro validità come strumento di marketing sono costituite prevalentemente dalle storie di imprese che li hanno utilizzati con successo. Altro motivo di scetticismo di alcuni manager (il 23,3% in Italia) è il timore che la presenza sui social media e la continua interazione con gli utenti possano costituire un potenziale pericolo per l’impresa e la sua immagine a causa di eventuali commenti negativi che, proprio gli utenti, possono pubblicamente esprimere relativamente a prodotti o servizi; causa del timore è anche la possibilità di perdere una parte del controllo sul brand e sulla gestione della comunicazione. È anche importante considerare, come fattore discriminante, la mancanza di competenze adeguate relativamente alle opportunità strategiche offerte dai singoli strumenti sociali del Web 2.0 e di competenze necessarie al corretto utilizzo di tali strumenti sociali per il marketing. In Italia, ad esempio, il 41,8% delle imprese che afferma di non utilizzare il social media marketing sostiene di vendere un prodotto o un servizio che non può essere ricollegato ad un target di clienti presente sui social media. Un solo social network come Facebook è capace di raccogliere in Italia milioni di utenti che abbracciano fasce d’età anche oltre i 56 anni, per non parlare degli altri numerosi strumenti presenti in rete. Risulta dunque difficile credere che poco più del 40% delle imprese italiane venda un prodotto che non possa essere destinato a tali fasce d’età, ma è più facile pensare che gran parte delle imprese non possieda le competenze giuste per rendere possibile un coinvolgimento adeguato dei target di riferimento attraverso i social media. Infine, poiché i social media costituiscono uno strumento ancora nuovo, le imprese non hanno ben chiara la situazione relativa ai costi che è giusto sostenere o ai ricavi che possono essere ottenuti ed un calcolo esatto del ROI risulta difficile data la natura spesso non monetaria dei benefici dei social media. Il timore di dover sostenere costi per muoversi in un ambiente ancora in parte sconosciuto costituisce ancora una barriera dinanzi all’utilizzo degli strumenti sociali online. Molti manager preferiscono affidarsi ancora esclusivamente a strumenti di marketing tradizionali, per quanto più costosi e meno innovativi, ma già ampiamente testati negli anni passati. (fonte: nolimitmarketing.it) La biblioteca di emmedicom L’innovazione è diventata una direttrice sempre più importante per lo sviluppo delle aziende e un percorso obbligato in tempi di crisi. Tuttavia, il modello di innovazione tradizionale dell’Occidente è stato recentemente messo a dura prova dalla competizione dei mercati emergenti, che producono soluzioni efficienti a costi minori. Soprattutto in tempi di crisi, i consumatori sono sempre più spinti a preferire prodotti semplici e funzionali a prodotti con caratteristiche tecnologiche troppo avanzate e costose per le loro necessità. Jugaad è una parola che in Hindi descrive un processo di innovazione che proviene dal basso ed è in grado di creare soluzioni efficienti a costi contenuti. Jugaad non è solo un fattore che influenza il management, bensì una vera e propria “rivoluzione culturale”, che sfida i modelli di produzione propri dell’Occidente. Una sfida a colpi di creatività e ingegno. Come si racconta nel libro, molti CEO di grandi aziende spingono i dipendenti ad ogni livello a liberare la loro creatività e inventare modi frugali e sostenibili per dare un valore aggiunto significativo agli stakeholders usando molte meno risorse naturali e risparmiando nel contempo un significativo ammontare di capitale per la compagnia. Questo è lo spirito Jugaad che l’Occidente deve accogliere e inglobare. Jugaad Innovation è più che un semplice libro. Grazie ai numerosi case studies che riporta, costituisce un vero e proprio “manuale di sopravvivenza” ai tempi che cambiano per le aziende occidentali, che non devono temere l’avanzata dei mercati emergenti, bensì imparare da essi a recuperare la capacità di ascoltare i propri clienti. Jugaad Innovation è un viaggio nei meandri dei mercati emergenti. Un viaggio nella storia, anche personale, di chi ha costantemente bisogno dell’innovazione come strumento per sopravvivere alle avversità circostanti. TRA LE IMPRESE CRESCE LA PRESENZA SULLA RETE ANCHE SE LE MODALITÀ DI UTILIZZO DI QUESTI CANALI RISULTANO SPESSO IMPROVVISATE PERCHÈ SONO GESTITI IN MANIERA ANCORA POCO CONSAPEVOLE RISPETTO AI LINGUAGGI Tra le aziende italiane cresce sensibilmente la presenza sui social media, anche se le modalità di gestione di questi canali risultano spesso improvvisate. E’ un quadro tra luci e ombre quello che emerge dalla terza edizione dell’Osservatorio curato dallo Iulm dal titolo “Il SocialMediAbility delle Aziende Italiane”. L’indagine, promossa dall’executive master in Social Media Marketing & Web Communication, ha preso in esame lo stesso panel di 720 società monitorato nelle precedenti edizioni (segmentate al loro interno per dimensioni), appartenenti a sei settori: alimentare, arredamento, banche, hospita-lity, moda e pubblica amministrazione. Di positivo emerge che ormai il 63,8% delle aziende utilizza almeno un social media per le attività di comunicazione e marketing, con un balzo notevole rispetto al 49,9% registrato nel 2012, che avvicina il dato verso una condizione di maturità. Infatti, rilevano gli esperti, non è ipotizzabile arrivare in prossimità del 100%, considerato che molte piccole aziende difficilmente accetteranno — anche negli anni a venire — di percorrere questa strada. Vi sarà sempre qualcuno poco interessato allo strumento o per resistenze culturali (non tutte le imprese sono aperte al dialogo con il mercato) o per tipologia di business (ad esempio, alcuni settori del BtoB hanno poco da guadagnare dal ricorso a questi canali). L’incremento registrato nel corso di quest’anno è frutto soprattutto della spinta proveniente dalle realtà più strutturate, per le quali i social media costituiscono ormai ambienti “imprescindibili”, a riportare un termine impiegato dagli stessi ricercatori. Mentre nella precedente rilevazione era il 57,3% delle stesse a gestire almeno un social media, quest’anno la quota è salita all’81,1%. Il successo di alcune iniziative lanciate negli anni scorsi evidentemente ha convinto anche i più diffidenti a fare il grande passo. Non è escluso, poi, che una spinta sia arrivata dalla stessa crisi economica, che impone di cercare nuovi canali di comunicazione a basso costo con la clientela potenziale. La crescita degli ultimi dodici mesi allarga il divario già registrato negli anni precedenti nell’uso dei social media tra le grandi e le Pmi: in particolare, l’utilizzo dei canali del Web 2.0 passa dal 47 al 53% tra le medie aziende e dal 43 al 50% tra le piccole. Tornando al dato generale, colpisce che solo il 41% delle aziende (ma lo scorso anno le cose andavano ancora peggio, con il 25%) abbia sul sito un link per rimandare alla propria pagina Web. Dunque, in molti casi si investe su questi canali di comunicazione, senza tuttavia inserirli in una logica integrata con tutti i processi aziendali. Così il rischio è di portare a casa risultati deludenti. Quanto ai social network più utilizzati, i risultati sono in linea con i canali più diffusi tra gli utenti. Così Facebook stacca tutti, visto che viene scelto dal 75% delle aziende che hanno attivato almeno un social media (rispetto al 71,1% di un anno fa, un dato più che doppio se si estende il confronto a tre anni). Al secondo posto si piazza Youtube, utilizzato dal 51% delle aziende presenti sui social media contro il 40% rilevato due anni fa: è difficile ipotizzare che il gap tra i primi due possa essere colmato nel tempo, considerato che il sito di video sharing si rivela per forza di cose adatto a una platea più ristretta rispetto a quella raggiungibile con brevi messaggi anche solo testuali. Il terzo posto spetta a Twitter (45%), che è anche il canale a maggior tasso di crescita. Molto staccati gli altri strumenti di comunicazione social: da Pinterest (18% di utilizzatori) a Google Plus /17%), passando per Flickr (15%) e i blog (9%). Colpisce soprattutto quest’ultimo dato: fino a qualche anno fa i diari online erano ritenuti tra i canali di comunicazione più promettenti non solo a livello individuale, ma anche per le aziende. Oggi, invece, risultano uno strumento marginale. Le note dolenti arrivano soprattutto quando si passa dai dati sintetici a un’analisi più approfondita delle risultanze. Infatti, la maggiore diffusione dei canali social a livello aziendale non è accompagnato da un altrettanto significativo aumento dell’indice medio di SocialMediAbility, utilizzato dagli autori della ricerca pervalutare aspetti sia quantitativi, che qualitativi della presenza aziendale sui canali social, relativamente a tre macrocategorie: l’orientamento 2.0, la gestione/ cura dei diversi canali social, e l’efficacia delle azioni adottate. Questo indicatore si ferma a quota 1,91 punti su una scala da 0 a 10: un dato in crescita rispetto a 1,16 di dodici mesi fa, ma comunque ampiamente deludente. Anche su questo fronte, al crescere delle dimensioni aziendali, sale la qualità delle pratiche d’uso di tali canali. Per Guido Di Fraia, direttore scientifico del master, questi risultati evidenziano da una parte la crescente importanza per le aziende di presidiare questi canali, ma dall’altro questi «sono molto spesso gestiti in maniera ancora poco consapevole rispetto alle logiche comunicative e ai linguaggi specifici di ciascun canale. L’utilizzo strategico ed efficace dei social media per attività di comunicazione e marketing appare ancora appannaggio di un numero limitato di aziende». Facebook stacca tutti visto che viene scelto dal 75% delle aziende che hanno attivato almeno un social media (rispetto al 71,1% di un anno fa, un dato più che doppio sui tre anni) Twitter è un servizio gratuito di microblogging, che permette di pubblicare brevi post (chiamati tweet, lunghi al massimo 140 caratteri), foto e video all’interno del proprio account o condividere i messaggi scritti da altri utenti. Twitter è stato creato nel marzo 2006 e da allora è cresciuto molto rapidamente: nel 2012 ha superato i 500 milioni di utenti attivi che vi accedono sia da desktop che da mobile. Nel nostro Paese sono 4 i milioni di utenti attivi al mese ad usare Twitter: l’età media è di 27 anni per le donne e 36 anni per gli uomini Vista questa vorticosa crescita, aprire un account Twitter è stato un passaggio naturale per molte aziende. Meno ovvi e per alcuni versi sorprendenti sono gli utilizzi che hanno visto trasformare questo social network da una piattaforma di comunicazione a uno strumento di marketing e un canale di customer care. Mettendo da parte discorsi legati al marketing e alla customer care, voglio presentarvi un servizio molto interessante: “Pay With a Tweet”. Il servizio si basa sull’idea che il passaparola di un amico, soprattutto se ci si trova in un Social Network, vale molto di più rispetto alla voce diretta dell’azienda. L’integrazione del pulsante di “Pay with a Tweet” in una pagina Web permette agli utenti la condivisione immediata attraverso Twitter o un altro canale social di un determinato contenuto – messaggio, link, immagine – precaricato dall’amministratore del sito. La peculiarità è che questa condivisione da parte dell’utente non è del tutto disinteressata, ma incentivata da una ricompensa, come può esserlo l’accesso a contenuti che altrimenti sarebbero a pagamento, ad esempio file digitali, webinar o sconti e prodotti gratuiti. L’utente per ottenere un benefit clicca il bottone di “Pay With a Tweet” e condivide su uno o più dei suoi account social un messaggio con un contenuto precaricato. Questa può essere considerata una situazione win-win sia per l’utente che guadagna pagando con un tweet l’accesso a contenuti altrimenti non disponibili, sia per il sito web che sfrutta l’effetto virale del passaparola attraverso le condivisioni degli utenti. “Pay With a Tweet” è un servizio gratuito. Il passaggio alla versione a pagamento mette a disposizione delle aziende strumenti aggiuntivi come la possibilità di customizzare i bottoni, l’assistenza tecnica e gli strumenti di misurazione dell’andamento dell’utilizzo del bottone. L’accesso a strumenti di misurazione e analytics si rivelano particolarmente utili nel misurare con valori oggettivi l’efficacia delle proprie strategie di marketing e guidare le mosse successive da programmare per l’azienda. Consiglio di provare ad utilizzare almeno una volta questo servizio in considerazione di alcuni dati di mercato: circa il 75% degli utenti è più propenso ad acquistare prodotti di aziende seguite direttamente sui social network mentre circa il 55% condivide sugli stessi canali social ciò che acquista sul Web. Facilitare la condivisione sul profilo social di un messaggio che pubblicizza un dato prodotto o serviziopuò rivelarsi un ottimo aiuto per il raggiungimento degli obiettivi della strategia di comunicazione sui social a livello di ingaggio e di vendite. Senza entrare nella descrizione di strategie generali e a prescindere d “Pay With a Tweet”, ritengo importante utilizzare congiuntamente almeno Facebook e Twitter, perché si avrebbe un effetto moltiplicativo in termini di visibilità e viralità per i prodotti o messaggi che si vogliono promuovere. Il primo sfrutta di più il meccanismo della reciprocità, mentre il secondo è più idoneo alle condivisioni attraverso i retweet e gli hashtag. Tuttavia non è una buona pratica replicare, come se fossero una fotocopia, i contenuti di un social sugli altri, più nello specifico non ha senso aprire un account Twitter se questo viene utilizzato solo e soltanto per replicare i contenuti che sono stati pubblicati nella pagina Facebook. Ovviamente vale anche il contrario. Quello che si deve fare è, tenendo conto delle peculiarità di ciascun canale, cercare di valorizzare i contenuti pubblicandoli nel social più idoneo. In questo modo non sarà valorizzato soltanto il contenuto, ma, più in generale, la vostra presenza online. |
L' AutoreMaurizio Diotallevi, consulente per il web & social marketing di piccole/micro imprese e professionisti, appassionato per l' innovazione digitale. Archivio
Marzo 2017
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